Li pastori e le ninfe di Partenope
Serenata del signor Don E.S. de V. in occasione de' gloriosi vantaggi già riportati dalla Maestà del Re contro de' Collegati in Ispagna. Da recitarsi in musica nel Palazzo Reale d'ordine dell'[...] sig. Duca d'Ascalona Vice-Re e capiotan generale in questo reame la sera del dì del compleanos della Maestà della Reina
Objektart
Libretto (Druck)
Verwalter
Verwalter (Ort)
Inventarnummer/Signatur
Corniani Algarotti Racc.Dramm.5605
Verlag
Parrino stampatore Arcivescovale
Herstellungsort
Datierung
1706
Kurztitel
Magaudda 2011
Seitenzahl
S. 125
Bearbeiter
Chiara Pelliccia
Kommentar

 «Giovedì [16 settembre] [...], solennizzandosi qui il dì festivo del

compleanno della M. della reina [...] [il] nostro eccellentissimo sig. viceré [...] se ne passò

[...] a tener cappella reale nella medesima Cappella del R. Palagio dove, in cantandosi il Te

Deum [...], fecesi salva reale da queste regie castella [...]; e la sera poi fece ella cantare una

lieta serenata da eletto coro di musica, con pieno convito di dame e cavalieri».1

 

Così un avviso della «Gazzetta di Napoli» ci informa dell’esecuzione della serenata Li pastori, e le ninfe di Partenope. La partitura della composizione non sembra sopravvivere, ma il libretto stampato a Napoli dallo stampatore arcivescovile Domenico Parrino in occasione dell’esecuzione, tramanda i nomi dei cantanti e del compositore, Gaetano Veneziano, allora Maestro della Cappella reale.2 Si tratta di un componimento pastorale, che, dietro le vesti arcadiche dell’idillio di ninfe e pastori, ‘mette in scena’ una narrazione di vicende legate alla guerra di Successione spagnola e in particolare alla vittoria riportata «dalla Maestà del Re contro de’ Collegati in Ispagna». Significativamente nella prospettiva napoletana i nemici della monarchia spagnola sono descritti come ‘barbari predatori’, come nelle parole di Aminta:

 […]

 «Minacciavan, o Silvia,

Barbari predatori i nostri armenti.

Era il Germano, e ‘l Lusitano insieme,

E ‘l Batavo co l’Anglo à nostri danni.

Queste campagne, e quelle

De l’Iberia felice

Cuoverte già di mille mandre e mille:

Ciò, che i nostri aratori

Franger lungi tu miri

Da l’Indo al Moro, e da l’orto a l’occaso:

E quanti fiumi a dissetar le immense

Greggie scorrono per entro

Cento colonie, e cento,

Cui tutte il nostro Sire

Con alto imperio regge,

Eran brieve confine al lor desire.

              

Al suo de l’armi

In duri carmi

Solo cantavano

Straggi, e furor.

Che ninfe irate

Ai loro amanti

Co’ fier sembianti

Già non minaccianoi

Tanto rigor.»

Il racconto è suddiviso tra i due pastori Aminta e Tirsi. Quest’ultimo in particolare riferisce della minaccia giunta così vicina alla città partenopea:

 […]

 «Odi caso: già scorse aveva l’Oste

Là le campagne Ibere

Più veloce di veltro,

Che in traccia voli a fuggitiva damma.

I suoi corsieri ‘nsino

Su le porte eran giunti a’ nostri spechi;

E fin pascean begli orti.

Il guasto, e non la caccia

Ne gli Eliceti si facea: ne l’onde

Chiare del Manzanaro

Attuffavansi ancor gl’orridi ceffi.

E d’ogn’intorno, o ninfa,

Udito avresti un suon feroce, e altiero

Non di pifferi, flauti, o di sampogne,

Ma di timpani, e trombe,

E altri di Marte barbari strumenti.

Che a la gran caccia preparava i fieri

Animi predatori.

Ma incauti cacciatori enttro lor rete

Dieri, e di predator divenner preda;

Quando il Real Garzone, il nostro Sire,

Cui di beltà, di senno, e di valore,

Di chiaro sangue, e di pietade cede

Ogni mortal, die sovra de’ nemici

Con coraggio maggior de la sua forza

Capo a bravi drappelli di pastori

Iberi, Itali, Galli, e Belg’insieme.

Da li suoi occhi in un splendenti e fieri

Visti, e vinti color furo in un punto!

De le perdite lor pur gloriosi:

Ma di tal vincitor fors’anche indegni.

 

Tirsi:      Consoliamoci, ninfe gentili,

Tempo lieto è di godere [....]»

 Napoli può dunque godere una serena pace tra i tumulti della guerra: su questo motivo si chiude la composizione con un’esaltazione del monarca (in un’aria a due voci tra il pastore Tirsi e la ninfa Clori poi ripetuta a due cori di Pastori e di Ninfe) che attraverso la vittoria permette ai pastori e alle ninfe di Partenope di godere “la bella pace”.

  «Or che l’oste vinta giace

 Goderem la bella pace

 In questi lidi

 Amanti fidi

 Ma il più nobile piacer

 de la vittoria

 sia di goder

 La gloria

Del Re nostro vincitor».

 

CP

  • 1. «Gazzetta di Napoli», 21 settembre 1706, si cita da Ausilia Magaudda e Danilo Costantini, Musica e spettacolo nel Regno di Napoli attraverso lo spoglio della «Gazzetta» (1675-1768), Appendice, p. 125.
  • 2. si ricavano dal libretto: Tirsi) Il signor Domenico Aquilani;  Clori) Il signor Giuseppe Lovero; Aminta) il signor Domenico Gizzio; Silvia) il signor Domenico Lorenzano - tutti virtuosi della Real cappella di Napoli - Coro di Pastori; Coro di Ninfe. La musica è del signor Gaetano Veneziani maestro di Cappella Primario della soddetta Cappella Reale.