I brindesi nell’occasione del lautissimo banchetto fatto in Roma dall’Eminentssimo Sig. Card. Antonio Barberino a i Ministri del Re Cattolico
Per la pace stabilitasi tra le due corone, di Francia e di Spagna
Objektart
Libretto (Druck)
S./Bl. des enthaltenen Werkes
I, S. 10–12
Verwalter
Verwalter (Ort)
Inventarnummer/Signatur
ARCA VII 24_1
Herstellungsort
Datierung
1674
Beschreibstoff
Papier
Kurztitel
Gialdroni 2017
Seitenzahl
S. 33–54
Kurztitel
Amendola 2016
Seitenzahl
S. 39–50
Bearbeiter
Chiara Pelliccia
Kommentar

La cantata Olà turbe guerriere, è intitolata ai Brindisi, allietati da musiche e cantate, che si svolse a Roma con l’occasione del sontuoso banchetto offerto il 19 dicembre 1569 dal cardinale Antonio Barberini ai rappresentanti delle corone di Francia e Spagna, per festeggiare la Pace dei Pirenei, sottoscritta il precedente 7 novembre. È probabile che la stessa cantata sia stata eseguita durante il banchetto. Sfortunatamente la partitura è perduta e non si conosce il nome del compositore. Nondimeno il testo della cantata, a firma di Giovanni Pietro Monesio e pubblicato postumo nel 1674, mantiene vivo il messaggio della composizione.

È tempo di pace! Tacciano le trombe di Marte e sia bandito ogni clangore di guerra: «Non sia chi tenti più pugna severa». La pace, con ulivi verdeggianti, annuncia lieti eventi e con voce festiva proclama gioie al Tago (fiume simbolo della Spagna) e alla Senna (fiume simbolo della Francia). Musiche armoniose accompagnano il brindisi che saluta l’arrivo del nuovo tempo di pace. La composizione delinea gli elementi principali dello speciale festeggiamento barberiniano, ricordando anche il contesto politico del trattato di pace. Il poeta si sofferma, in particolare nella chiusa celebrativa del testo, sulle nozze incipienti tra il re di Francia Luigi XIV e l’Infanta di Spagna, voluto a suggello della pace stabilita. Il tema nuziale, e più in generale l’idea di un’unione concorde, sono espressi anche attraverso alcuni motivi presenti nel corso del testo, come l’accenno alle armonia della musica di più strumenti, all’incontro tra il rosso e l’oro del vino nei calici, o ancora all’unione tra la vite e l’olmo.  

Il banchetto rappresenta soltanto un momento dei festeggiamenti, iniziati la mattina stessa con un Te Deum nella chiesa di Santa Maria della Pace, proseguiti nei mesi successivi conclusi ufficialmente con tre giorni di «allegrezze» dal 24 al 26 febbraio 1660. Una Relazione pubblicata a Roma nel 1660 permette di ricostruire molti dettagli delle feste pubbliche romane, come la data del banchetto barberiniano, e di contestualizzare alcuni aspetti presenti nella cantata, come il cambiamento del timbro e del carattere del paesaggio sonoro, compreso il diverso ruolo dei colpi di cannone: emblemi di pubbliche allegrezze. La cantata si fa racconto poetico-musicale che, focalizzando in particolare il momento festoso, descrive la gioia del nuovo tempo di pace.

CP

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